L’evitamento è sicuramente una tra le prime strategie cui facciamo riferimento quando ci troviamo di fronte ad un disagio: se abbiamo paura di qualcosa cerchiamo il modo di stargli lontano.
Ognuno di noi riuscirà quasi sicuramente a ricordare un momento in cui ha cercato di evitare una situazione, una cosa, una persona. E questo succede perché cerchiamo il modo più immediato per evitare di soffrire. Vogliamo il meglio per noi stessi, non vogliamo essere autolesionisti. Vogliamo essere felici, non di certo spaventati o tristi!
Ma siamo davvero sicuri che così facendo evitiamo davvero la sofferenza?
La risposta più immediata che verrebbe da dare è “certamente!”. Ma proviamo a ragionarci con un a metafora: immaginiamo di trovarci di fronte ad uno di quei bivi da cartone animato dove da una parte c’è una strada pulita, soleggiata, con fiori colorati ed uccellini che cantano e dall’altra una strada disconnessa, scura, bordeggiata da rovi, ragnatele e rumori sinistri. Dobbiamo scegliere come procedere. A chi verrebbe voglia di optare per la seconda via? Probabilmente a nessuno. Ma se fossimo certi che al di là della “strada oscura” ci sia il tesoro dei nostri sogni, quello che ci farebbe sentire veramente soddisfatti? Cambierebbe forse la nostra scelta?
Se la risposta è “sì” significa che siamo disposti ad affrontare la paura; che abbiamo fatto una rapida valutazione dei pericoli che potremmo trovare, delle nostre possibilità di farvi fronte e dei benefici che ne trarremmo. Abbiamo capito che ne vale proprio la pena: possiamo permetterci di affrontare i pericoli, possiamo permetterci di soffrire.
Ora, torniamo a noi, alle nostre fiabe personali: quanto spesso ci rendiamo conto di essere di fronte ad un bivio e quindi interrogarci sulla via migliore da prendere per raggiungere i nostri scopi? Quanto invece tiriamo dritto verso dove pensiamo faremmo meno fatica, pur sapendo che così resteremo lontani dai nostri scopi? Ci chiediamo dove portano alla fine le due diverse vie?
Quanto spesso ci interroghiamo su quello che ci può essere per noi al di là di quello che reputiamo un ostacolo?
Chiaramente rispondere a queste domande non ci farà passare le paure ma ci può dare gli strumenti per capire perché può valere la pena affrontarle. Molto spesso le emozioni spiacevoli, o meglio la paura di provare emozioni spiacevoli, ci tengono lontano dai nostri obiettivi e questo succede perché vogliono tenerci lontano dalla sofferenza immediata (es.- se oggi non mi metto a fare quel lavoro difficile evito di innervosirmi e di andare in panico). Il costo di questa strategia è però il conto sgradevole che arriverà più tardi nel tempo (es. – non ho fatto il lavoro che dovevo fare, ora se ne è aggiunto altro, mi sento molto più ansioso, preoccupato e anche in colpa). A questo punto il rischio è quello di rimettere in atto la strategia di evitamento che, anche se per poco, aveva funzionato benissimo nell’alleviare la sofferenza iniziale. Il rischio a questo punto è che si inneschi un tremendo circolo vizioso pronto a trascinarci in un baratro di tristezza e disistima.
Quindi che fare? Ecco che affrontare la paura della sofferenza può rivelarsi molto utile.
A questo punto possiamo quindi chiederci se concederci di soffrire e quindi di far fatica nell’immediato, possa essere funzionale per una felicità ed una soddisfazione futura più solida e prolungata (es -se mi concedo di far fatica adesso con quel lavoro noioso, proverò soddisfazione e libertà di dedicarmi alle mie attività piacevoli senza senso di colpa).
Ora è il momento di regalarci il tempo per riflettere da quali mete le nostre paure ci stanno tenendo lontano, quali sono queste paure e quanto possiamo concederci di affrontarle.



